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I MessaggeriRiescono a unire i puntini della loro poetica affettiva e concettuale in una retrospettiva ordinata...


by
Chiara Alessi

I MESSAGGERI
in "Dopo gli anni Zero. Il nuovo design italiano" / 2014

Così come esiste un buon design che non è fatto di idee, ma di presenza armonica, evocativa, plastica e come esiste un design altrettanto valido e fatto sì di buone intuizioni e ricerche, ma comprensibili solo con una didascalia alla mano, così esiste un design che è esso stesso messaggio, anzi sms, del suo contenuto, e al tempo stesso ne è media, uno strumento di risonanza.

È quel design che sembra abbandonare, ma solo in apparenza, il processo e il prodotto, per unirsi alla comunicazione: una liason di scambio e complicità. Benché la bontà del design abiti (anche) nella qualità del processo che trasforma l’idea in prodotto, nel design dei messaggeri è il concept (ovvero l’idea) a farla da padrone, adamantino, “talmente chiaro che puoi anche non disegnarlo”.

E di solito si lega a un nome di prodotto altrettanto evocativo, che svolge il ruolo di chiarificatore. Per esempio: una candela/orologio per misurare il tempo, con impresso a caratteri cubitali il numero delle ore che ci metterà a consumarsi; o una serie di bicchieri “caratteriali” con attitudini umane travasate in aspetti formali e tipologici alternativi; o un orologio da tavolo  con la base angolata per cui al cambio dell’ora legale basta cambiare l’appoggio con un tocco, anziché spostare la lancetta; o una lamiera piegata a forma di areoplanino e forata per divenire una grattugia che invita a un uso “leggero” del parmigiano; o la cartina di una città in tessuto impermeabile da accartocciare, nata già con l’idea che si potrà stropicciare in tasca; o ancora un righello, in cui le tacche corrispondono alle fasi della vita, da quella neonatale in fasce al bastone della vecchiaia; un calendario con i giorni racchiusi in ostie circolari staccabili ed edibili; o un tavolo che per risolvere l’annoso problema del malcapitato commensale impedito da una gamba, le moltiplica così che non ci sia più una posizione privilegiata e così via.

In un gioco di azzardi, provocazioni, sorrisi e riflessioni leggere o sarcastiche. Una delle esperienze più fertili nella promozione di nuovi talenti in questa direzione negli ultimi anni è stata l’avventura di OPOS, un incubatore di creatività (dal design all’architettura, dalla grafica alla moda) fondato nel 1990 da Alberto Zanone, stilista italiano specializzato nella maglieria. In vari anni di attività OPOS organizza workshop, concorsi, incontri di comitato, mostre tematiche per la valorizzazione dei giovani designer, esponendo più di 250 progetti, molti dei quali troveranno sbocchi produttivi.

È da questa fucina che all’inizio del Duemila si incontrano, maturano ed escono progettisti destinati a farsi un nome con prodotti a forte contenuto comunicativo e con un concept parlante, immediato e al tempo stesso inaspettato che, tra gli altri, ha lo scopo e il merito di riportare il design a parlare con la gente e gli oggetti a raccontare delle storie. La componente irriverente, trascinante, inattesa che caratterizza OPOS rappresenta un incipit per molti dei designer messaggeri.

Come per i neo post, anche per i messaggeri, spesso i progetti più interessanti prendono la forma di “operazioni”, costellazioni di collaborazioni con un tema conduttore che tipicamente celebra la propria venuta al mondo in una mostra.

Questo è per esempio uno dei metodi di lavoro più interessanti sfoderati da Gumdesign (Laura Fiaschi e Gabriele Pardi), già dal 2008 quando inaugurarono il progetto Cambiovaso, invitando in tre tappe trenta progettisti diversi a cambiare una lettera nella parola vaso e immaginare poi di tradurre in marmo il traslato semantico derivante (viso, varo, naso, caso, vasi etc.).

Quella direzione artistica, allora rivolta ad altri colleghi,  oggi governa il loro stesso catalogo declinandosi in diversi risultati, tra cui spicca la serie Oggetti autonomi, un’installazione del Fuorisalone 2012 in cui vengono coinvolti una serie di progetti da loro già realizzati per partner diversi, intitolati ex post al tema della casa (reale, instabile, pensata, nido, prigione etc.).

In questo modo i Gumdesign riescono a unire i puntini della loro poetica affettiva e concettuale in una retrospettiva ordinata in cui ogni pezzo dialoga con l’altro e aziende diverse concorrono in una risposta corale alla voce unica degli autori.