Interpretazione e DialogoDal dialogo tra il creativo e il maestro nasce quel prodotto sensibile,
bello, stupefacente...
by
Alberto Cavalli
INTERPRETAZIONE E DIALOGO
in "Confini Spontanei, Naturalmente Reversibili" / 2012
Nulla è senza voce, ci insegna la spiritualità benedettina.
Nemmeno gli oggetti creati dall’uomo, ci permettiamo di aggiungere noi.
I manufatti, anzi, sembrano interrogarci oggi più che mai: su quale
senso abbia il permanere di un oggetto in un contesto sempre più
improntato allo spreco e al ricambio insensato, per esempio.
O su quale ruolo possa giocare il gesto umano nel portare a compimento
un’operazione che potrebbe anche non richiedere alcun contatto, alcun
pensiero, alcuna riflessione.
O ancora, su che cosa significhi oggi ripensare ai propri desideri e
ai correlativi oggettivi che a questi desideri possono rispondere,
trovando forse adeguata risposta proprio in quei manufatti che si
discostano dall’onnivora presenza dell’isomorfismo mimetico – tutto ha la
stessa forma, tutto è mediocremente popolare, tutto è sufficientemente
venduto.
Gli oggetti hanno voce e forse hanno anche un’anima, se è vero che le
nostre case recano ancora le tracce visibili di coloro che quegli oggetti
li hanno posseduti, e prima ancora li hanno desiderati, richiesti,
visti nascere, utilizzati. L’anima scorre nell’oggetto attraverso la
mano dell’uomo: la mano che progetta, quella che crea, quella che
comprende – sì, è possibile “comprendere” anche attraverso il tatto,
nel senso di intuire e di percepire – e infine lo tramanda, aprendosi come a rivelare un tesoro prezioso.
Eppure, mai come nel nostro secolo la voce dei manufatti, di quegli
oggetti che nascono dal lavoro tenace e paziente dei maestri d’arte, è
difficile da udire ed enigmatica da decodificare.
Richiede un’operazione di interpretazione, o di mediazione: e forse è
questo oggi il ruolo che il maestro d’arte deve saper occupare.
Quello dell’interprete.
Il maestro d’arte di oggi, e soprattutto quello di domani, è un
professionista in grado di interpretare alla perfezione un progetto e di
trasformarlo in un prodotto la cui anima sia percepibile, desiderabile,
eloquente. Un’anima che traspaia dalla superficie del materiale e ne
comunichi l’unicità, anche laddove la produzione preveda una certa
serialità.
Interpretare il progetto di un designer non è una scelta neutrale, non
è un lavoro che chiunque può fare.
Se è vero che i sapienti del passato erano soliti esporre le loro
teorie sotto forma di dialogo, oggi il dialogo tra il maestro d’arte
e l’artigiano deve rappresentare e trasmettere una sapienza diversa,
soprattutto in Italia: quella dell’intuizione che si fa progetto.
I designer sanno che in Italia trovano non solo un ambiente culturale
fertile, ma anche “mani intelligenti” di maestri d’arte che sanno
comprendere il progetto, porsi in dialogo, restituire una visione
concreta sull’uso dei materiali e delle tecniche.
Ma così come gli oggetti, anche i gesti hanno voce: hanno suono,
consistenza, persino peso.
E in un progetto come Confini Spontanei, dove la mano che progetta e
quella che esegue sembrano compenetrarsi e alimentarsi come nella
famosa illusione ottica di Escher, il peso specifico del dialogo è
rilevante come quello del mercurio: così fluido, eppure così denso.
O come il marmo: così impenetrabile, eppure così vicino alla nostra
vita da essere stato eletto a rappresentarla attraverso le opere più
belle che l’arte ci abbia tramandato.
Dal dialogo tra il creativo e il maestro nasce quel prodotto sensibile,
bello, stupefacente che fa differenza e fortuna: un prodotto con un’anima.
L’anima: il dottor Faust la vendette in cambio della soddisfazione dei
suoi desideri.
E oggi, prima ancora di venderla, quest’anima occorre trovarla: occorre
ogni volta rendersi interpreti di una visione e di una estetica, di
una cultura e di un pensiero, di un mestiere che sia anche e in primo
luogo energia.
E questo è possibile solo se le mani lavorano con intelligenza, se
la mente è attiva e concentrata, se il cuore batte con passione per
arrivare a un risultato sempre all’altezza delle aspettative.
E che a volte le sappia anche trascendere, per arrivare a quello
stupore da cui nasce – oggi, ancora e nonostante tutto – la poesia.