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Minima MoraliaUna “divina proportione” in questi nuovi oggetti di un nuovo panorama domestico...


by
Giorgio Tartaro

MINIMA MORALIA
in "Minimi, Dialoghi Immobili" / 2011

Non so perché, anzi, ne sono irrimediabilmente sicuro, ma alla prima mail di Gabriele e Laura sulla mostra “Minimi, dialoghi immobili”, avevo già chiaro alcuni riferimenti che da Pacioli ad Adorno, arrivano a noi.

Già, perché questo lavoro dei Gum, a una vista compendiaria, per assonanza immediata, o forse solo per per miei insondabili percorsi mentali, richiama il capolavoro di Adorno, “Minima moralia”, e il “De Divina Proportione” di Luca Pacioli, pubblicato nel 1509. L’Adorno in esilio, durante il secondo conflitto mondiale, ragiona sull’alienazione dell’individuo, “la vita che non vive e le potenze oggettive che determinano l’esistenza dell’individuo sin negli anditi più riposti”.

Abbastanza chiaro individuare nel lavoro dei Gum un’idea e una volontà che combatte quotidianamente l’alienazione. Per quanto riguarda le forme e i pensieri di questo progetto, che Gabriele e Laura descrivono benissimo nei testi virgolettati che ho deciso di riportare alla fine di questo mio breve testo, non posso fare a meno di ricordare che il mio pensiero, una volta viste queste strutture dal mio palmare, sia immediatamente corso ai disegni e agli studi di Luca Pacioli, allievo di Piero della Francesca e amico di Leonardo.

Una “divina proportione” in questi nuovi oggetti di un nuovo panorama domestico di Gabriele e Laura che, con le parole di Pacioli, è un rapporto aureo “senza il quale moltissime cose de admiratione dignissime in philosophia, né in alcun altra scientia mai a luce poterono pervenire”.

“Poiché Dio portò in essere la virtù celestiale, la quinta essenza, e attraverso di essa creò i quattro solidi… la terra, l’aria, l’acqua e il fuoco… così la nostra sacra proportione diede forma al cielo stesso, assegnando al dodecaedro, il solido costruito con dodici pentagoni, che non può essere costruito senza la nostra sacra proportione”.

Potrebbe sembrare altisonante scomodare Platone, ma vi assicuro che sarebbe sufficiente stuzzicare Gabriele sul termine Praxis per capire come i suoi riferimenti siano radicati proprio nella filosofia classica. Un portato che si evince dalle loro stesse parole: “Il tema corpo/ struttura si adatta perfettamente al concept generale; studiamo l’anatomia del corpo umano per trasporlo nell’oggetto. La pelle ricopre tessuti ed ossa (la struttura interna del nostro corpo), analogamente in un oggetto possiamo intravederne la stessa struttura invisibile presente come elemento di forza statica e strutturale”.

E poi, ancora: “dalla pelle dell’oggetto (la sua superficie) si intravede la sua struttura interna, elementi strutturali e piani anatomici; si ridefinisce la teoria dell’oggetto finora concepito come semplice massa volumetrica attraverso un’operazione concettuale che rende visibile la struttura ossea del pensiero”.

Una struttura ossea del pensiero che si concretizza in “oggetti realizzabili solo con la tecnologia della sinterizzazione, dove sottosquadra e dettagli di ridotte dimensioni renderebbero altrimenti improponibile la realizzazione. Una serie di centrotavola, portafrutta, vasi da fiore dove l’elemento strutturale si trasforma in elemento caratterizzante e decorativo”.