Mauro LoviStudia architettura e realizza esperienze di lettura sperimentale dello spazio fisico urbano...
designer
Mauro Lovi
Nato a Lucca, e qui lavora. Inizia l'attività artistica negli anni '70, con mostre di pittura. personali e collettive, attività che poi ha sempre praticato. In contemporanea agli studi di architettura, realizza esperienze di lettura sperimentale dello spazio fisico urbano con performance e allestimenti. Nel 1985 partecipa alla Terza Mostra Internazionale di Architettura Biennale di Venezia, con Adolfo Natalini.
Realizza per Megalopoli Milano: Uscita dell'Emiciclo e altri oggetti in legno. Dal 1986 inizia l'attività professionale di architetto, il suo interesse si rivolge all'arte, all'architettura, la grafica e al design, integrandoli in progetti specifici. Progetta spazi interni, residenze private, negozi e allestimenti. Negli anni '90 collabora con aziende nazionali nella progettazione di oggetti e mobili tra cui Giovannetti collezione d'arredamento, per cui realizza Amata e Ancella e altre sedute. Con Buonaccorsi ebanisti, realizza una serie di 12 mobili, Mobili d'affezione, dove approfondisce le possibilità costruttive ed estetiche del legno.
Partecipa a fiere, rassegne, a mostre personali e collettive di design e arte in Italia e all'estero. Sue opere si trovano oltre alle numerose collezioni private nel Museo del Parco di Portofino e al Diart, Collezione di arte religiosa di Trapani.
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Coltivar coltelli
(L'arte di fare coltelli di legno con coltelli d'acciaio)
Costruisco coltelli di legno per tagliare, appezzare fantasmi o per andare a caccia di nuovi, con un coltellino Opinel lama carbone n.8, un puukko il coltello di Tapio Wirkkala e tre tipi di carta vetro.
Con questi attrezzi ho realizzato in questi mesi quattordici coltelli di legno. Nell'infanzia costruivo rudimentali spade romane o greche riciclando tavolette di cassetta da frutta, ispirate alle immagini trovate sul Sussidiario oppure sull'enciclopedia illustrata Conoscere. La comprò per noi ragazzi mio padre, grande appassionato di libri, un assetato di conoscenza lui che allora manteneva la famiglia con la paga da muratore.
Durante le fiere di settembre a Lucca che aspettavamo con gioia per tutto l'anno, era fatale per noi maschietti essere attratti dai coltellini tascabili, esposti sui banchi del mercato dove eravamo sempre a curiosare.
A nove anni costruivo armi innocue per battaglie immaginarie o per goffi duelli di scherma con compagni di giochi. Quando un pomeriggio mentre stavo finendo di intagliare una daga in un pezzo di abete, arrivarono due amici, uno cominciò a prendermi in giro, cercavo di rispondere sempre a tono, poi non so che frase gli uscì ridendo che mi fece incazzare di brutto, finì che gli rifilai una dagata nei denti gli spaccai il labbro e un dente. Gli chiesi scusa subito e poi mi pentì di avergli fatto male a causa della mia mancanza di controllo. In seguito ottenni rispetto e considerazione, nessuno tra i ragazzi con me varcò più il soglio che era stato attraversato quella volta.
Negli anni quando penso alla polemica attorno alle armi giocattolo credo che sia meglio prendere confidenza da piccoli con la misura della violenza che sfogarla da grandi alla cieca con quelle vere.
Verso i 12 anni modellai un coltello da un pezzo di lama di un lungo coltello da cucina, con la mola nel laboratorio di mio padre. Ridisegnai la curva del taglio. Avevo finalmente realizzato un coltello vero che tagliava, ispirandomi a una figura di un giornalino fumetti, penso forse a Capitan Miki. Il pezzo di acciaio del manico lo fasciai, con una lunga striscia sottile di pelle rimediata da una signora che cuciva tomaie. Quel giorno ero felice, giocando con gli amici nelle pioppete sul fiume, con il coltello fatto da me nel fodero, lo lanciai contro nemici immaginari, finendo nell'erba oltre una rete di recinzione di un campo. Nonostante le assidue ricerche di quel giorno fino a sera e proseguite nei giorni successivi, quel coltello non l'ho più trovato. Per me quella perdita fu un grande dispiacere, forse perché non mi era stato dato il tempo di farmi venire a noia quell'oggetto.
Anni dopo quando studiavo architettura comprai il puukko tipo di coltello finlandese disegnato da Tapio Wirkkala. Mi affascinava e inquietava quel coltello, perché era la prima volta che ne possedevo uno vero di quelle dimensioni. Mi attraeva il raffinato design e mi incuriosiva l'autore un grande artista designer, che si narrava costruisse i prototipi di coltelli e gli altri suoi oggetti nei mesi in cui si ritirava nel suo capanno. Si narrava anche che il puukko venisse regalato ai bambini finlandesi come dono per la prima comunione. Oltre alle cose pubblicate, avevo visto i suoi prototipi di coltelli in una Biennale degli anni'70 nel padiglione della Finlandia e quando vidi un suo coltello in una vetrina lo comprai subito. Volevo usarlo come tagliacarte, mi dissero che era eccessivo, tentai altri usi, ma non ero convinto per il suo potenziale di ostilità. Nel mitigarlo cercai di togliere il filo alla lama, ma restava la punta eccessiva. In realtà mi stavo misurando con la mia aggressività. Misi il puukko in una scatola, ci voleva più tempo.
A parte l'episodio della daga non avevo più intagliato e costruito coltelli di legno fino al 1999 quando mi trovai tra le mani un grosso coltello da cucina di faggio, regalatomi da amici, proveniente da una casa in val Brembana. Quel vecchio pezzo di legno mi suggeriva che era possibile farci un buon lavoro. Durante la sua lavorazione, manipolandolo e incidendolo mi venivano in mente gli usi del coltello reali o fantastici, che possedeva essenziali qualità positive come: tagliare le corde quando sei prigioniero, tagliare il pane per la tavola condivisa, mondare le patate, intagliare bastoni da passeggio, affettare cose in cucina. Lavorando il coltello ne stavo illuminando il simbolo e venivano fuori tutti gli usi, svanivano così i fantasmi dell'uso aggressivo. Lo realizzai e in quell'anno lo esposi nella mia mostra La sedia nell'occhio alle Stalle dei Borbone a Camaiore.
Questa estate dopo 16 anni ho ripreso a costruire coltelli. Avevo dei pezzi di legno, giusti, interessanti trovati da falegnami, corniciai e al mercatino. Ho tirato fuori il puukko facendolo affilare di nuovo, l'arrotino aveva ha fatto i complimenti per l'acciaio. Da lui comprai anche un Opinel n.8 con lama acciaio carbone. Me lo consigliava per l'intaglio del legno. Con la sua lama affilata relativamente piccola dura e leggermente flessibile, mi disse che era complementare al lavoro del puukko. Da considerare oltre al percorso tattile della manipolazione, durante la lavorazione dei coltelli di legno anche la parte olfattiva, parte importante, perché le essenze come cipresso o cedro sono intense e come dicono gli studi scientifici, il profumo attiva nella memoria parti molto profonde, anche se non ha niente a che fare con la forma dell'oggetto che emana l'odore.
In esposizione da Caveau
coltelli
Anno
2015
NB
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